Appena finito di fare l’elogio del verticale, ecco che mi tocca di contraddirmi (e lo faccio con piacere) lanciando un amo da pesca grossa, per attirarmi addosso il perdono dello Sdraiato: fantasia, tecnologia, modernità (al quadrato) sostenibilità. Un complesso avveniristico ideato come città maiuscola, dove vivere e lavorare, in osmosi, con natura, vestigia della storia, grande presente, immaginazione prometeica del futuro. Senza appastellare, naturalmente, con chiarezza e distinzione (alla Cartesio) dando a ciascuno quello che gli è proprio, perché senza passato, non c’è presente, ma senza futuro, non c’è nulla, solo decadenza, miseria economica e intellettuale e poi agonia infinita di fallimenti e lamenti funerei. Siamo al Parco Lambro, siamo dalle parti di Leonardo, che dismette, un po’, il grugno nei nostri confronti, che siamo stati troppo timidi, paurosi, impacciati, confondendo Tradizione, con, Tradizionalismo.

La prima è arditezza, progettualità, originalità. La seconda è mesta ripetizione, calligrafia senza stilografia.
Stare con Filarete, vuol dire, stare con Yuki Ikeguchi e con tutti quelli che come lui (io mi associo ) non sono paurosi della sindrome di Babele o di Labirinto, ma accettano la sfida e fanno più largo l’orizzonte, alzandosi in volo e andando a piedi o con velocipedi, senza consumare territorio, terra preziosa, ma fondendo natura e cultura, facendo un mix dalle mille valenze, mille lingue, senza dimenticare la propria, chiamando a concilio, Sforzinda, i maestri di Sabbioneta, Pienza e Mesola, non tanto per farsi benedire o incoraggiare, quanto per rubare a loro il segno enigmatico dell’ignoto, da conoscere e amare.

KLESSIDRA | A CURA DI FRANCESCO GALLO MAZZEO