Ho frequentato per tanto tempo, negli anni ottanta e novanta, in ambiente Mario Bellini, Italo Lupi, circondati da uno stuolo di amici comuni, architetti, designer, industriali, politici, banchieri (insomma una élite) in cui si discuteva di tutto; un modo leggero di essere classe dirigente, in cui gli uni non parlano sempre con gli uni e gli altri con gli altri, rompendo, così, un corto circuito, che in tutti gli ambiti si fa sempre più stringente e asfissiante. Ricordo un grande industriale (di cui taccio il nome, che non mi sfugge affatto) un costruttore di televisori, di bassa tecnologia e di pessimo design che allora andavano bene e vendeva 10 milioni di pezzi l’anno (almeno così diceva) ed io gli dissi che poi, non prima, il suo destino era segnato e che sarebbe fallito, perché un paese come l’Italia non può vivere di grossi volumi di bassa gamma, ma solo di prodotti di altissima gamma, sofisticati e altamente stilistici, di design di frontiera, insomma avveniristici, da Montenapoleone o Frattina, sia dentro che fuori. Mi derise con un largo gesto di mano… come a dire: ma mi faccia il piacere. E glielo fatto. Infatti oggi i suoi stabilimenti sono vuoti,corrosi da tempo e umido e lui li ha offerti gratuitamente ad una multinazionale coreana, pur di fare tornare, il lavoro e la vita in essi. La multinazionale ha rifiutato l’offerta.

Io da critico d’arte e studioso dei codici estetici e formali della modernità, gli proposi di comprare la Brionvega, la Geloso, la Allocchio Bacchino e farli diventare la Bang&Olufsen italiana; quella sì, che avrebbe avuto un grande futuro. Italo Lupi era lì e annuiva. Noi due, io e lui, non parlavamo, non parlavamo molto tra noi, ma quando lo facevamo eravamo in grande affinità elettiva, eravamo sempre d’accordo. Nel giugno ’23, ha deciso di lasciarci, in punta di piedi, senza clamore, così come aveva vissuto il suo design e la sua direzione di Domus, a cui ha impresso una forte stilistica, basata sulla sua grande ed elegante cultura inventiva, che lo portava ad essere poetico e progettuale, in proprio, con una sua cifra speciale e un sapere interloquire con gli altri, nel senso esteso di pensieri parole ed opere; e in questo Domus è stata una grande palestra di idee progetti e riflessioni,di design e architettura, d’apice mondiale. A lui si deve il lustro di marchi come MiuMiu, Fiorucci, Cinelli, per non dimenticare il suo intuito per gli allestimenti museali, vere cattedrali del nostro tempo. La sua vita è stata costellata da successi, mai gridati, ma sempre affermati, come era nel suo stile di uomo, di inventore, di fantasista, capace di stare in situazioni difficili e complicate, dove c’era da lavorare in team, dove spesso si devono ascoltare frasi di cose veramente inascoltabili e ci vuole molta pazienza. Grande solista e grande partner, soprattutto di Mario Bellini e insieme hanno fatto pagine di intelligenza creativa, italiana, capaci di portare il nostro stile a livelli alti e rimanerci, come ieri e come oggi e farlo diventare linguaggio universale. Insomma, un artefice e un esemplare maestro.

KLESSIDRA | A CURA DI FRANCESCO GALLO MAZZEO