Karl Lagerfeld è morto a 85 anni. La sua figura iconica rimane intatta nella sua enigmatica forma dell’apparire e dell’essere.
Capelli bianchi bianchissimi, senza indulgenze a colori, senza tempo, ma che in effetti rilasciano un certo distillato di tristezza, come se la vecchiaia fosse una colpa e non un punto d’arrivo, a cui si può giungere nel gruppone, col fiatone e con le ingiurie del tempo, implacabili e blasfeme. K.L. si esibiva in tutta la sua maestosità, con occhiali scuri anche di notte e un turgido colletto di camicia, alto e bianco a scolpire il nero di tutto il resto. Volto compassato, senza inutili sorrisi e stupide emozionalità, insomma il giusto fisique des role, celebrato da Helmut Newton e David Bailey,il suo genio contaminato e contaminante conta un tale numero di valenze, da potersi riferire al barocco, al decò, ma anche all’industrialismo povero da casa e da ospedale, in una modernità poliedrica ed eclettica, che era lui e parla sempre di lui.
Parole sue: “quello che mi piace del collezionismo è creare un mood, mettere insieme le cose e poi… via” e così a due anni dalla sua scomparsa, il suo museo personale è andato e va in asta; da un lato una festa per il mercato e dall’altro un peccato non avere conservato il suo stile dell’essere e dell’avere, fondamentale per scrivere la memoria del nostro tempo, di cui lui è stato protagonista sulle tracce di Dior, Balenciaga, Versace, in compagnia di Valentino, di Armani, di Missoni. A fare un paragone, mi viene in mente Andy Warhol, di grande gusto collezionistico, con migliaia di oggetti preziosi, nascosti o mostrati nelle case della vita. Sotheby’s ha “disperso”, così si dice, quasi settecento lotti, tra cui i suoi guanti di pelle senza dita e i piatti in cui veniva servito il cibo alla sua gatta birmana Choupette. Non avidità in lui, ma piacere di collezionismo, più che di possedere.
Un Grande!
KLESSIDRA | A CURA DI FRANCESCO GALLO MAZZEO