EMANUELA
GIACCO

Nelle opere pone l’accento sulla complessità dell’essere umano fatta dalla stratificazione di codici genetici, morali e culturali.
Fa riferimento alla duplice natura di tutti quei vincoli che l’essere umano sperimenta nel corso della sua esistenza.

L’ARTISTA

Emanuela nasce a L’Aquila nel 1983, mostrando la sua propensione per l’arte fin da bambina. Nei salotti di un suo zio antiquario veniva rapita dalle opere per ore, mantenendo vivido nel suo cuore quel pensiero; da piccola continua a rivedersi lì, immobile, rapita dalle grandiose tele del ‘600. Ma la sua creatività si incontra e si scontra con la parallela formazione scientifica. Si laurea infatti in ingegneria, e inizia

un percorso di artista-ingegnere che la porta presto ad un bivio. Il suo trasferimento a Roma, nel 2012, segna un grande cambiamento. La continua lotta tra sogno e logica la induce a condurre una vita energica, segnata da una constante metamorfosi, rafforzata dall’incontro con il presidente della Fondazione Giorgio ed Isa De Chirico, Prof. Paolo Picozza, con il quale, a dicembre 2016, ha organizzato la sua prima personale.

Decide, da lì in poi, di dedicarsi completamente alla sua passione più profonda: l’arte.
Altro angelo incontrato nel suo cammino è Marina Mattei, curatrice archeologa dei Musei Capitolini, figura che diventa presto per lei mentore nonché amica. Nel 2017 inizia a vivere tra Roma e Salerno, alterando l’energia della Costiera Amalfitana alla potente carica di Roma. Da allora inizia a partecipare a mostre per aprirsi al confronto con gli artisti e all’incontro constante con il pubblico, accogliendo sfide diverse per forma e contenuto.

Ha esposto a Firenze, Genova, L’Aquila, La Spezia, Mantova, Milano, Olbia, Palermo, Poltu Quatu, Porto Rotondo, Roma, Sorrento, Torino, Venezia, Barcellona, Bruges, Parigi. Si sposta nuovamente a L’Aquila nel 2019,dove ha il piacere di collaborare con il maestro Raimondo Tiberio, avvicinandosi così al mondo della scultura. In piena Pandemia, nell’aprile del 2020 si trasferisce in Sardegna, dove vive tutt’ora. L’energia di questi territori è così intensa da permetterle di avvicinarsi a qualcosa di più materico; alle corde dei suoi dipinti accosta installazioni di cime nautiche, così la sua prima scultura tessile, vince in agosto il primo premio della IV edizione “Le Quai Des Artistes” a Porto Rotondo, fortemente voluta dal Conte Luigi Doná dalle Rose con la sua fondazione. Da lì in poi continua a lavorare sul capitolo di opere relativo alle sculture tessili, realizzate con cime nautiche dismesse, opere d’arte che siano portavoce dell’amore per il pianeta, focalizzando così l’attenzione sulla tematica ambientale, cercando di coinvolgere il più possibile il pubblico, le organizzazioni e gli enti che in qualche modo possano contribuire a salvaguardare quanto abbiamo di più prezioso: la Terra, la nostra casa.

La sua ricerca ha una matrice esistenzialista. La cima come elemento simbolico ed espressivo che racchiude in sé tutta la sua ricerca. La cima come simbolo dei legami che sono parte dell’esistenza di ogni persona. La cima risponde alla legge della spirale logaritmica, una struttura onnipresente in natura dal DNA alle galassie. La cima, a livello puramente formale, è legata alla serie di Fibonacci che esprime il concetto di bellezza e armonia. La cima, essendo una cima di recupero, parla della storia, porta con sé l’energia delle mani che l’hanno accarezzata o strattonata, porta con sé il sapore dei mari che ha solcato. La cima racconta storie di legami, delle sovrastrutture e degli intrecci dell’inconscio umano mai sciolti. Legami come i vincoli individuali, ma anche come l’insieme delle sovrastrutture che portano le scelte dell’individuo ad essere continuamente ed inevitabilmente condizionate dal luogo, dal periodo storico, dalla cultura e dalla religione. Averne coscienza o meno determina il loro valore all’interno dell’esperienza di ognuno. L’intreccio di nodi come la rappresentazione “dell’Io” di ogni individuo che si ricollega al “Tutto”. Di qui il collegamento con la natura, che diventa un tema centrale abbracciando anche il mondo della sostenibilità. Così sostenibilità diventa la parola d’ordine. L’arte da sempre si interroga sul momento presente, racconta di cambiamenti, di rivoluzioni alle volte anticipandole. L’artista crede che oggi l’arte non possa non parlare di crisi climatica. Crede in un progetto che risvegli le coscienze sociali. Ogni anno tonnellate di fibre tessili sintetiche vengono smaltite e nel peggiore dei casi vengono gettate nei fondali marini intaccando posidonia e tutte le specie. Crede che l’arte parli attraverso le emozioni, motivo per cui il messaggio veicolato sarà sempre molto potente. Le sculture tessili sono infatti realizzate con cime di recupero racchiudendo così la sintesi della sua ricerca, esistenzialismo, natura e sostenibilità.

Premi e riconoscimenti

Vincitore

Le Quai Des Artistes
Porto Rotondo

2020

LE OPERE

Bubu – negli intrecci del fanciullino
Scultura tessile – 255×240×240 cm

In your hands – love pink
Scultura tessile – 187×80×37 cm

Star node
Scultura tessile – 32×35 cm

Finestra sull’anima – mistero
Scultura tessile – 30×30×13 cm

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