KLESSIDRA | A CURA DI FRANCESCO GALLO MAZZEO

Klessidra | Galliani. Classico. Moderno.

Conosco Omar Galliani dai primi anni ottanta, da quando nell’ambito di una corrente dell’arte italiana,si impose come protagonista della ripresa in chiave moderna, di moduli della variegata arte colta, proveniente dal grande disegno, dalla aulica pittura, in commistione alta di manierismo e nuovo settecentismo, affermando il diritto dell’arte del nostro tempo, ad essere ispirata da una acronia di continuità con un passato mai passato, ma ancora contemporaneo; alcuni, in vena di frettolosa definizione, lo chiamarono momento citazionista,
colto, manierista, mentre, in maniera più complessa e ricca di implicazioni formali e contenutistici, affermava una linea della originalità, pre-impressionistica e pre-avanguardie storiche.

Klessidra | Lupi. Design. Pedagogia. Estetica.

Ho frequentato per tanto tempo, negli anni ottanta e novanta, in ambiente Mario Bellini, Italo Lupi, circondati da uno stuolo di amici comuni, architetti, designer, industriali, politici, banchieri (insomma una élite) in cui si discuteva di tutto; un modo leggero di essere classe dirigente, in cui gli uni non parlano sempre con gli uni e gli altri con gli altri, rompendo, così, un corto circuito, che in tutti gli ambiti si fa sempre più stringente e asfissiante. Ricordo un grande industriale (di cui taccio il nome, che non mi sfugge affatto) un costruttore di televisori, di bassa tecnologia e di pessimo design che allora andavano bene e vendeva 10 milioni di pezzi l’anno (almeno così diceva) ed io gli dissi che poi, non prima, il suo destino era segnato e che sarebbe fallito, perché un paese come l’Italia non può vivere di grossi volumi di bassa gamma, ma solo di prodotti di altissima gamma, sofisticati e altamente stilistici, di design di frontiera, insomma avveniristici, da Montenapoleone o Frattina, sia dentro che fuori.

Klessidra | Alfredo Romano. “Povero”. Colto. Surreale.

Alfredo Romano, mio amico, da sempre, rappresenta la generazione più giovane, dell’arte che ha avuto ( e continua ad avere) testimoni perenni, in Mario Merz, Michelangelo Pistoletto, Pier Paolo Calzolari, nella loro strutturalità, nuda, quanto colta e sapienziale, corrispondente ad un continuo farsi e disfarsi del linguaggio artistico, toccato dalla dialettica di eros e thanatos, non nella versione freudiana e junghiana, ma in quella della fenomenologia dell’accadere, che è innanzitutto commedia e tragedia, mischiate insieme, che intrecciate fanno groviglio, in cui coesistono, l’arcadico e il barocco.

Klessidra | Vangi. Fantastico. Reale. Onirico.

Come Francis Bacon ha stravolto la maschera della persona, facendola diventare una poliedrica forma del volto dell’anima, allo stesso modo (ma con esiti oppositivi) con cui Bernini stanò il volto di Luigi XIV, il senso etrusco di Giuliano Vangi (1931-2024), ci ha dato l’idea astratta dell’essere umano; non di questo o di quello, ma della sua matrice alata, persa nel nulla. Ma è appunto per questo, che ci rimanda ad un senso dell’infinito, di un’essenza profonda che si specchia nello sguardo svanito e con esso fa enigma, che è senza tempo, frutto di una acronia immaginaria, capace di scavare nella pluralità cinetica delle forme della vita, cercando una unità che non si lascia mai raggiungere, ma è come una sirena ammaliatrice, che tenta e che attrae irresistibilmente.