“Libertà va cercando…” così scriveva Dante. E ancora siamo su quella strada, in un sistema che, nel tempo attuale, si va sempre più chiudendo, in rendite di posizione, in vantaggi ereditati, che mi sembrano medievali privilegi, vere catene per ogni manifestazione artistica, del pensiero, verbale, immaginario,canoro; con tutto che diventa, diritto d’autore, diritto di autentica, diritto di immagine; e tutto viene limitato, regolato e persino interdetto. Chiunque voglia fare una mostra, deve essere passato ai raggi x, di autentiche, spesso date a “come vuole Dio, da associazioni qualsiasi, a “volenterosi”, a familiari, che non hanno competenze specifiche e idee confuse, ma le applicano a mannaia. Stesso dicasi per i cataloghi che devono pagare i “diritti di seguito”, come la vendita delle opere, che se fossero applicati a case,terreni, automobili, monili, porterebbero alla fine di ogni forma di mercato, in nome di una arrogante primogenitura. Senza che nessuno se ne accorga (si fa per dire) stiamo passando alla maledizione perfettista delle utopie, che non c’è bisogno di chiamarle distopie, per capire che rappresentano la possibile fine della coscienza critica, della libertà di espressione, di fare cultura e la regressione delle biografie, geniali e intelligenti, a biologie nervose ed emotive, tipiche delle sottoculture di massa, inutilmente informative e distraenti. I casi dei diritti tutti in “maiuscola” e “altezzosi”, accampati e e senza doveri e ricompense, si allargano anche ai saggi storici e critici, che non possono utilizzare immagini,né per commentare, né per illustrare, nè per esemplificare, senza autorizzazione e senza pagare “diritti”.
Non dico che Orwell, con il suo mitico (ma poi non tanto) 1984, sia vicino, con il suo razionalismo, senza sentimenti ed emozioni, ma già si intravvede all’orizzonte, qualche cosa di acre e di fumoso, che non è umanesimo e non è illuminismo. Gli studiosi, i critici, i conferenzieri, i ricercatori e tutti gli eretici possibili e immaginabili, devono potersi muovere liberamente, perché nell’epoca dell’indeterminatezza, in cui il sapere di non sapere è il vero sapere, si devono rompersi confini e barriere se non si vuole marcire nel tecnicismo e nell’automatismo; gli storici a maggior ragione e non si può pagare per tutto, perchè così si rattrappisce la società civile nel suo complesso e non viene salvaguardata la scioltezza necessaria per dire e non dire. Se Cavalcaselle avesse dovuto pagare per tutti i disegni che ha fatto, la storia dell’arte non sarebbe nata e lo stesso vale per Morelli e per Berenson. Leggevo che a qualcuno non piacciono le mostre temporanee, a me piacciono, perché sono il mezzo più adatto di conoscenza ampia e diffusa. Un’agorà per gli studiosi.
KLESSIDRA | A CURA DI FRANCESCO GALLO MAZZEO